SEO Copywriter & Nomade Digitale, intervista a Simona Camporesi

Simona Camporesi si è reinventata SEO Copywriter, editor e ghostwriter freelance; vive e lavora viaggiando e ha scelto come base (per ora) la più piccola isola delle Canarie: El Hierro. Ci racconta il suo passaggio da dipendente a nomade digitale e il suo percorso di cambiamento a partire da Chiang Mai, Thailandia.

Ciao Simona, presentati ai lettori di Cambiare Vita

Cominci subito con le domande più facili eh? 🙂 Mi chiamo Simona, sono una donna moderatamente complicata e moderatamente felice nata 42 anni fa in quella terra meravigliosa che è la Romagna e che da poco più di tre anni ha il privilegio di vivere viaggiando facendo il lavoro che ama.

Dove ti trovi in questo momento e come ci sei arrivata?

Mi trovo a El Hierro, Isole Canarie, nell’angolino più a sud e sperduto d’Europa. Il come ci sono arrivata appartiene, come nelle migliori tradizioni, a una lunga storia.

Seo copywriter nomade digitale simona

A novembre 2015 avevo in tasca il biglietto di una nave (la prima Nomad Cruise, qualcuno forse ne ha sentito parlare) che mi avrebbe portata da Las Palmas a Salvador de Bahia, in Brasile. Poi succede che una serie di circostanze mi fa prima venire qualche dubbio sulla mia destinazione, poi cambiare idea e infine decidere di seguire un “segno” (piuttosto nebuloso, peraltro) che mi porta dritto alle Canarie.

Non da una nave però, ma da una persona, una persona speciale che avevo conosciuto l’anno prima in Thailandia. Quella persona era Jonathan Pochini. Che diventa prima il mio mentore e poi il mio compagno.

Resto un po’ con lui a Las Palmas, poi facciamo un salto a Fuerteventura, ma niente da fare, ’ste Canarie proprio non mi dicono niente, mi lasciano completamente indifferente. Finché non salta fuori che Jonathan ha un sogno: andare a vedere El Hierro. Io, che manco sapevo che esistesse un’isola con questo nome, dico: perfetto, andiamo!

Mi basta atterrare a fil di mare, uscire da quell’aereo minuscolo con l’elica e vedere il rosso acceso della montagna che cola a picco, per capire che sono spacciata.

Questa è la terza volta che vengo a El Hierro, e chissà che non si trasformi pian piano nel mio quartier generale.

In quali altre città all’estero hai vissuto?

Chiedere a un nomade in quale città ha vissuto può essere forviante, perché spesso si tratta di permanenze abbastanza brevi, di un mese o poco più. L’unica città in cui posso dire di avere vissuto, intendendo con questo un arco superiore ai tre mesi, è Chiang Mai, nella Thailandia del Nord, la città che ha accolto il mio debutto da nomade digitale.

Ti sei licenziata tre volte da lavori sicuri, quanto è stato importante per te viaggiare per trovare la tua strada?

Fondamentale, considerando che viaggiare è sempre stata una delle due passioni viscerali della mia vita. Per questo anziché dire che viaggiare mi ha aiutata a trovare la mia strada sarebbe forse più corretto dire che viaggiare è la mia strada.

Ma il viaggio è molto più di una passione, è anche un grande maestro di vita, che aiuta a crescere, a sperimentare, a mettersi in discussione, a uscire dalla propria comfort zone: insomma, a diventare persone migliori. O almeno provarci.

Hai scritto un libro su Chiang Mai, puoi raccontarci meglio questa esperienza in Thailandia?

Quando ho scoperto che esisteva qualcuno là fuori che faceva quello che io sognavo da sempre, ovvero lavorare viaggiando, ho cominciato a informarmi e ho scoperto che l’hub dei nomadi digitali era Chiang Mai, nella Thailandia del nord. Quella città la conoscevo, c’ero già stata un paio di volte negli anni precedenti, quando ero andata in Thailandia a studiare massaggio tradizionale. Mi piaceva, anzi no: l’adoravo! Era la città perfetta per brindare alla mia nuova vita. È stato così che ho deciso: Ricomincio da Chiang Mai!

Raccontaci la tua professione di editor e scrittrice “nomade”

L’ultimo lavoro da cui mi sono licenziata prima di partire per la Thailandia era una casa editrice, dove avevo lavorato per 6 anni come editor e responsabile editoriale. La mia prima collaborazione in remoto è stata con il mio ex capo, per qualche mese ho continuato a editare libri, solo che anziché farlo dal mio ufficio di Cesena lo facevo dalla Thailandia.

Quando qualche tempo dopo ho aperto il mio sito (www.simonacamporesi.it) è stato naturale propormi come editor freelance, visto che ormai avevo già più di dieci anni di esperienza alle spalle. Però non era sufficiente. Così ho cominciato a studiare SEO per diventare SEO copywriter, in fondo me l’ero sempre cavata a scrivere, si trattava solo di applicare questa qualità a un ambito nuovo, quello del web.

Decidere di propormi come ghostwriter è stato invece un mix tra un azzardo e una sfida: mi ero sempre cimentata in scritture “short”, avevo scritto tanti articoli e una quantità infinita di racconti, ma libri mai, troppo lunghi per i miei gusti, mi stancavo sempre a metà strada. Che buffa la vita, no? Adesso scrivo libri, solo che lo faccio per gli altri.

Cosa significa per te essere nomade digitale?

Significa avere l’opportunità di unire le mie due più grandi passioni: la scrittura, che oggi costituisce gran parte del mio lavoro online, e i viaggi.

Significa potermi permettere il lusso di viaggiare e vedere posti meravigliosi come una Signora ricca senza essere ricca, perché essere nomadi digitali ti insegna tanto su quello che è superfluo e su quello che invece è il bagaglio (metaforico e non) davvero indispensabile.

Significa concedersi la libertà di lavorare la domenica e andare in gita il mercoledì, di prendermi una settimana per chiudermi in un tempio buddhista staccando da tutto e da tutti o lavorare tutti i giorni perché quello che faccio mi appassiona e mi fa svegliare contenta.

Significa, infine, avere il grande onore di appartenere a uno stile di vita che sta rivoluzionando il mondo del lavoro e il modo di concepirsi come fautori del proprio destino.

Se dovessi decidere di fermarti in una sola città o nazione, quale sceglieresti e perché?

A questo non so rispondere. Non ho ancora trovato il posto in cui mi sento davvero a casa e che mi dia tutto quello che per me è importante. Probabilmente quel posto non esiste nemmeno.

Di certo le Canarie offrono un ottimo compromesso tra qualità e costo della vita. E con El Hierro è stato amore a prima vista.

Che consigli ti senti di dare a chi vuole cambiare vita cominciando un percorso da nomade digitale?

Di considerare i pro e i contro di questo stile di vita, perché dietro all’idea falsata del tizio abbronzato che lavora al pc sotto una palma con un mojito in mano ci sono anche tanti sacrifici e tante rinunce. È per questo che diventare nomade digitale non può essere un’opzione tra le altre, qualcosa del tipo “Accetto quel lavoro a tempo indeterminato oppure divento nomade digitale?”. È qualcosa di più simile a una vocazione.

Se è così, se è questo quello che si sente, allora il mio consiglio è: trova il modo di diventarlo senza farti scoraggiare. Se il tuo lavoro normalmente non viene svolto in remoto trova il modo per renderlo tale e se proprio non è possibile, allora cambia lavoro. Studia, sii umile e battagliero, credi nel tuo sogno e concediti la possibilità di essere felice, la vita aiuta sempre i sognatori.

A chi ancora non ha del tutto il coraggio o i mezzi per buttarsi, consiglio di non aspettare la situazione perfetta, perché quella non arriva quasi mai e nel frattempo la società e tutte le voci che cercano di dissuaderti facendoti sentire sbagliato funzionano come un gigantesco blob che ti assorbe giorno dopo giorno, rendendoti insicuro e impaurito. Lo dico per esperienza.

In questi casi può essere utile buttarsi usando il paracadute dello scambio lavoro: fare un periodo all’estero utilizzando piattaforme di lavoro volontario come Workaway, Helpx e Wwoof può essere un ottimo modo per familiarizzare con la vita all’estero e allo stesso tempo avere un po’ di tempo libero per sperimentare il lavoro di freelance, implementando la propria rete di clienti o imbastendo un piccolo business online.

Quali sono i tuoi progetti e obiettivi futuri?

Fare il passaggio, almeno parziale, da freelance a imprenditrice, creandomi qualche piccola rendita passiva. Ho un piccolo progetto nel cassetto a cui vorrei lavorare e mi sono posta l’obiettivo di cominciare entro l’anno. Non voglio smettere di lavorare come freelance, quello che voglio è solo riuscire a raggiungere il punto in cui posso concedermi il lusso di accettare solo i lavori che mi stimolano e mi rendono di più.

E avere così più tempo da dedicare a quello che conta davvero: vivere.


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